Cos’è il Judo?
Cos’è il Judo? Il Judo 柔道 è un’invenzione del Prof. Jigoro Kano concepita nel 1882 con la fondazione del Kodokan, con l’intento di educare e condurre l’umanità verso una sana convivenza civile, basata sull’amicizia e il reciproco benessere, mediante il miglior impiego delle proprie energie fisiche e mentali, per noi stessi e la società.
Tecnicamente può essere definito come un metodo d’educazione fisica, mentale e morale basato su una disciplina di combattimento, d’attacco e difesa, a mani nude.
A chi lo pratica seriamente, trasmette un’esperienza reale di combattimento all’interno ed all’esterno di sé stessi, che costituisce un importante bagaglio formativo e culturale in tutte le fasi della vita: infanzia, fanciullezza, adolescenza, età adulta ed in vecchiaia.
Il principio stesso di questo tipo di combattimento è “l’adattabilità”: cedere o resistere alla forza avversa, sfruttandola sempre a proprio vantaggio, squilibrandola, controllandola e vincendola con il minimo sforzo.
Quando si parla di combattimento nasce spontanea l’obiezione su come si possa giungere a un mondo d’armonia e pace insegnando a combattere e a vincere. Il riscontro a tale obiezione sono le parole dello stesso Jigoro Kano che così diceva ai suoi allievi:
“solo dopo aver tanto combattuto, così da arrivare al di là della nozione di vittoria e di sconfitta, si aprono le porte di una visione d’amore nella vita. Il combattimento di Judo è come una vaccinazione contro la violenza: la si affronta a piccole dosi, la si vince dentro sé stessi e infine si acquista la capacità (o la saggezza) di riflettere nelle diverse situazioni della vita”.
Non a caso, nella popolazione i praticanti di Judo rappresentano una massa non violenta.
jita kyōei seiryoku-zen’yo
自他共栄 精力善用.
Il Judo è stato definito dal Prof. Kano jita kyōei seiryoku-zen’yo 自他共栄 精力善用, cioè “amicizia e reciproca prosperità” ottenute attraverso “il miglior impiego dell’energia”. Significa che il Judo si propone di far scoprire e sviluppare al judoista le proprie attitudini, motivandolo naturalmente ad utilizzarle al meglio nel contesto del gruppo, della società, dell’umanità, della vita stessa e dell’universo. Un pensiero che oggi più che mai, in una società che sta travisando i veri valori morali, acquista un’importanza vitale per il futuro della collettività ed il bene comune: il Judo è educazione.
Per sottolineare ulteriormente questo concetto (a nostro parere mai abbastanza) citiamo ancora le parole del Prof. Kano:
“Il Judo é un mezzo per usare l’energia fisica e mentale nel modo più efficiente. L’allenamento comporta il miglioramento di sé stessi, fisico e spirituale, attraverso la pratica delle tecniche d’attacco e di difesa e la comprensione dell’essenza della Via. Questo é il fine ultimo del Judo: perfezionare sé stessi ed essere utili al mondo intorno a noi”.
Pertanto, il Judo è anche un perfetto momento, metodo e insegnamento per promuovere l’inclusione e il superamento delle diversità intese nel senso più lato; solo per esempio: psico-fisiche (incluse età e diverse abilità), culturali, sociali, etniche o religiose. Lo testimoniano la diffusione e l’infinita varietà di praticanti raggiunti dal Judo in tutto il mondo.
Judo + sport = jusport?
Ma non è tutto sbagliato?
Negli anni il Judo è stato trasformato in uno sport e in molti casi sarebbe corretto chiamarlo “jusport”. Condizionato e limitato nella sua forma sportivo-agonistica, improntata principalmente a formare atleti vincenti da una disciplina nata per formare Persone, preferendo all’ideologia di Pierre de Coubertin quella della vittoria, della celebrità e del profitto.
Ma non è tutto sbagliato… e a ogni declino si contrappone sempre un rinnovamento, e oggi troviamo molti appellativi e/o classificazioni accanto alla parola Judo che ne caratterizzano la corrente. Così, oltre al Judo agonistico o sportivo, troviamo il Judo tradizionale, educa-Judo o Judo educazione, il Judo adattato; eccetera. Tutti rami di una pianta rigogliosa.
Certo la proposta pedagogica che il Judo rappresenta, appartiene alle grandi utopie, come il marxismo, l’esperanto di Ludwik Lejzer Zamenhof, lo scoutismo di Robert Baden-Powell, il movimento olimpico di Pierre de Coubertin, ma la sua grandezza ci è data dalla grandezza stessa del suo fondatore, che seppe prevedere questa metamorfosi del Judo ammonendo:
“Il Judo non è soltanto uno sport. Io lo considero un principio di vita, un’arte e una scienza […] Dovrebbe essere libero da qualsiasi influenza esteriore, politica, nazionalista, razziale, economica, od organizzata per altri interessi. Tutto ciò che lo riguarda non dovrebbe tendere che a un solo scopo: il bene dell’umanità”.
Cosa significa “letteralmente” JUDO 柔道 ?
Per approfondire la conoscenza sul Judo e agevolarne la comprensione, è utile analizzarne l’origine della parola. Il kanji giapponese del JUDO è composto da due simboli: JU→柔 e DO→道.
L’ideogramma JU 柔.
JU 柔 ha una vasta letteratura interpretativa sin dall’antichità, che spazia dalle teorie del Taoismo a quelle di famosi strateghi militari cinesi. Molte interpretazioni presenti in documenti di Scuole di jujitsu, per la formazione dei samurai al servizio dei Daimyo 大名 in varie epoche, sembrano astratte o esagerate, ma in generale se ne deduce che la spiegazione del JU è basata su tecniche concrete. Su questo è basato anche il pensiero di Jigoro Kano, ideatore e creatore del metodo Judo.
Il carattere cinese JU ha diversi significati: può significare “morbido”, può intendere “debole”, può essere interpretato in alcuni casi “intrattabile”. “sottomesso”, in altri “gentile”, “armonioso”; e in qualche caso come “a propria agio”.
Le arti marziali dei samurai prendevano generalmente il nome dal mezzo o dall’arma usata. Il jujitsu fu un’eccezione: le diverse Scuole vollero introdurre il termine JU nel nome della loro arte per sottolineare che tutte le buone tecniche erano basate sul principio che “l’armonia può controllare la forza”.
JU si può anche riferire a una giovane pianta; esprimere la flessibilità di un giovane albero che non teme che i suoi rami possano rompersi. La parola jujitsu, allora, può essere interpretata come un gruppo di tecniche che sono elastiche, adattabili. JU può essere meglio capito se inteso come l’opposto di “duro”.
In un antico testo cinese di strategia militare (SanRyaku), scritto nel periodo Lou [1100-256 a.C.] c’è l’espressione: “Ju yoku go wo seisu 柔よく剛を制す“, la cui traduzione è “La dolcezza controlla la durezza” e inoltre “la debolezza controlla la forza”, “la dolcezza è virtù, la durezza è male “. “i deboli sono aiutati, i forti sono attaccati”.
Il principio del JU 柔 in JUJITSU (柔術 jujutsu).
I concetti del Taoismo, il Libro dei cambiamenti (Yi-King) e il principio del “positivo” e del “negativo” della filosofia cinese ebbero una considerevole influenza sui praticanti il jujitsu nel periodo Edo (dall’inizio del XVII secolo alla meta del XIX). Ciò risulta dagli archivi delle varie Scuole.
La Scuola Sekiguchi non accentuava né la morbidezza né la durezza, ma una combinazione di entrambe. Per loro, questo era il principio del JU che applicavano nella pratica. La Scuola Shibukawa sosteneva che JU significava “trattabile”, “sottomesso”, mentre la Scuola Jikishin insegnava: “gentilezza fuori e robustezza dentro”, e dichiarava che il JU era “dolcezza nella forza e forza nella dolcezza”.
La scuola dl Kito, che ebbe molte affinità con il Kodokan, era basata sui principi positivi e negativi della filosofia cinese; e ciò si rifletteva nel suo stesso nome: KI (che significa alzarsi) era il principio positivo, mentre TO (che significa cadere) era il principio negativo. I cinesi rappresentavano la forma negativa con IN, che significa “ombra” e quella positiva con YO che significa “luce”. Così il principio della Scuola Kito era che “L’ombra poteva essere conquistata dalla luce. La luce poteva essere conquistata con l’ombra “. La Scuola Tenjinshinyo sottolineava che JU significava “sottomesso”: il corpo deve obbedire alla mente.
“JU significa essere naturali o, detto in altri termini, la via che è naturale e in accordo con la verità dell’universo e che gli esseri umani devono seguire. Inoltre, JU può significare qualsiasi cosa ragionevole, giusta e onorevole, di conseguenza nobile: vale a dire la realizzazione della Verità, del Bene e della Bellezza.”
Kyuzo Mifune
“JU significa adeguarsi alla forza avversaria al fine di ottenere il pieno controllo. Esempio: se vengo assalito da un avversario che mi spinge con una certa forza, non devo contrastarlo, ma in un primo momento debbo adeguarmi alla sua azione e, avvalendomi proprio della sua forza, attirarlo a me facendogli piegare il corpo in avanti.”
Jigoro Kano
L’ideogramma DO 道.
DO 道 è letteralmente tradotto come “via” o mezzo per raggiungere un obiettivo, ma il suo significato è molto più profondo e lo si riscontra nel fatto che, lo stesso ideogramma, che nella lingua giapponese viene pronunciato come DO, in quella cinese, da cui a origine, come TAO termine più conosciuto il cui significato, il cui senso, risulta essere lo stesso.
Secondo molti sinologhi, il termine TAO o DAO (o DO in giapponese) esprime il concetto di movimenti ordinati della vita, la vita trascendente, l’innominabile, l’insondabile; è la via secondo cui va l’Universo, qualcosa che ci avvicina a Dio.
Perché da jujitsu (anticamente jujutsu) a judo?
Il DO è stato preferito dal Prof. Jigoro Kano, al jutsu (arte) perché descriveva bene il cambiamento di scopo che il Judo proponeva nei confronti del Ju-Jutsu.
In effetti il DO, in seguito adottato anche dal Kendo, dal Kyudo, dall’Aikido, ecc. apriva un capitolo nuovo nelle Discipline di Combattimento Orientali (il termine “Arti Marziali” è un improprio vocabolo occidentale).
Per approfondire la comprensione di questa nuova idea occorre confrontare lo spirito con cui si praticava il jujitsu, e per fare ciò ci rifaremo al modello di vita dei guerrieri giapponesi, con lo spirito che deve animare la pratica del Judo.
Gli antichi guerrieri giapponesi, in cambio di una posizione sociale ed economica privilegiata, dovevano essere disposti a perdere affetti, averi, personalità e anche la propria vita senza la minima esitazione, per pagare il debito contratto con chi li manteneva in quella condizione (Signore Feudale). Nel jujitsu accadeva una cosa analoga: una categoria d’uomini accettava un modello di vita con una condizione socioeconomica superiore a quella popolare (condizione datagli dal clan che finanziava la scuola), e in cambio dovevano dedicarsi all’arte ed essere pronti a difendere il clan, il maestro e l’onore della scuola anche a costo della vita. Anche chi praticava in una scuola il jujitsu senza riceverne vantaggi socioeconomici, imparava la Disciplina di Combattimento esclusivamente per la necessità di utilizzarla nel momento di uno scontro, esattamente come i suddetti guerrieri.
Nel Judo, invece, pur praticando un’efficace tecnica d’attacco e di difesa, lo scopo che l’allievo deve raggiungere non è quello di una disciplina di combattimento per necessità d’ordine pratico, ma è per un miglioramento della condizione del suo essere. Il Judo non propone una condizione socioeconomica privilegiata a chi vi si dedica, anzi indirizza il praticante a mettere a disposizione del gruppo, della società e dell’intera umanità le conoscenze e le realizzazioni raggiunte attraverso il Judo. Per cui, fare Judo e non essere utili al mondo intorno a noi non è lo scopo del Judo. Inoltre, i doveri dello studente-allievo verso il gruppo (la scuola) e il maestro sono molto ridimensionati: in cambio della possibilità di migliorare, generalmente si chiede un contributo per la costruzione di una buon’atmosfera di pratica ed un contributo economico alle spese di gestione del Dojo.
Il DO apre le porte delle Discipline di Combattimento anche a chi non ha le caratteristiche psicologiche del guerriero:
Pertanto, chiunque grazie al DO può praticare gli attacchi e le difese traendone un beneficio generale. Leggendo gli estratti delle conferenze del Prof. Kano, pubblicati dal Kodokan, risulta evidente che il Judo è stato ideato semplicemente per formare persone migliori: ottenere un fisico migliore, diventare efficaci nel combattimento per comprenderne l’intima essenza e arrivare a superare e trascendere il concetto di vittoria e di sconfitta. In altre parole, il Judo è educazione sia a livello fisico che mentale e spirituale, attacco e difesa, elevazione morale e sistema di vita.
Il DO, secondo Kano, comincia proprio quando si superano le nozioni di vittoria e di sconfitta. Il DO implica l’azione nel tempo presente, vissuta intensamente, senza esitazione dovuta a pensieri nel futuro o nel passato.
La natura del Judo…
Il principio di “adattabilità” che il Prof. Kano studio approfonditamente nei suoi spetti pratici, ispirò al Maestro Gunji Koizumi 小泉軍治 la meravigliosa poesia “Il Judo ha la natura dell’acqua”, presumibilmente dopo l’incontro che ebbe con il Prof. Kano in Inghilterra nel 1920.
Questa splendida lirica spiega con una ingegnosa metafora la natura del Judo, e ha ispirato e ispira generazioni judoka in tutto il mondo.
Il Judo ha la natura dell’acqua.
L’acqua scorre per raggiungere un livello equilibrato. Non ha forma propria, ma prende quella del recipiente che la contiene. È indomabile e penetra ovunque. È permanente ed eterna come lo spazio e il tempo. Invisibile allo stato di vapore, ha tuttavia la potenza di spaccare la crosta della Terra. Solidificata in un ghiacciaio, ha la durezza della roccia. Rende innumerevoli servigi e la sua utilità non ha limiti. Eccola, turbinante nelle cascate del Niagara, calma nella superficie di un lago, minacciosa in un torrente, o dissetante in una fresca sorgente scoperta in un giorno d’estate.
Gunji Koizumi
Per arricchire ulteriormente questa fantastica immagine onirica, che con naturalezza ammanta di semplicità, forza e freschezza il judo, citiamo ancora:
“L’aspetto più dolce della natura è l’acqua. Segue il percorso di minor resistenza ed è il più umile di tutti gli elementi poiché cerca sempre il punto più basso, ma alla fine vince sempre”.
Lao Tzu
Cos’è il Judo?…
Un pensiero del fondatore Jigoro Kano Shihan.
Indubbiamente, definire con chiarezza cos’è il Judo è un’impresa quasi impossibile. Potremmo farlo in mille modi diversi e analizzandolo sotto ogni aspetto, ma sicuramente qualcosa sfuggirebbe all’analisi. Pertanto, non potevamo concludere il post se non citando con orgoglio le parole dello stesso fondatore:
“La cortesia è tutta nel rispetto degli altri.
Il coraggio è fare ciò che è giusto.
La sincerità è esprimersi senza nascondere i pensieri.
L’onestà è mantenere la parola data.
È modestia parlare per sé senza vanità.
Rispetto, senza rispetto non ci può essere fiducia.
Autocontrollo è stare zitti quando la rabbia sale.
L’amicizia è il sentimento umano più puro.
Il judo è un mazzo di tutti questi fiori.”
Jigoro Kano